cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

sabato 29 dicembre 2012

X

"O Tosco, che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco. La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patria natio, a la qual forse io fui troppo molesto."
"X" mi ricorda il decimo canto della prima Cantica della Divina Commedia di Dante, l'"Inferno", e con questo l'insegnante che ho tanto stimato alle superiori la quale mi ha fatto innamorare della letteratura e dello studio in genere, la Signora Anna Maria Da Re.
A proposito, ho studiato poco nella mia vita, perchè preferivo stare tra i campi con i cugini e le sorelle, a saltare le balle di fieno e a costruire le trappole per i ladri! Che infanzia felice ho avuto! La mamma a casa pronta ad ogni occorrenza, uno spazio molto grande, una famiglia "caciarona", una casa piena di animali. Respiravo gli odori acri della campagna,  mi arrampicavo sugli alberi e ne combinavo da mattina a sera.
Ho bisogno di questi riti ancora oggi, certo non salto le balle di fieno perchè probabilmente resterei paralizzata dopo il primo balzo dato il fisicone prestante che mi ritrovo, ma una passeggiatina tra i ciliegi o in collina, ogni tanto me la concedo. Mi ricarico, tipo l'orsetto "Duracell", torno frizzantina e sorridente, con i bordi della bocca che sfiorano le orecchie e una parlantina degna della migliore presentatrice che conoscete, ne avete una?!
Ma torniamo a bomba.

Canto X, gli "epicurei", o se volete atei, "diversamente animisti", i negatori dell'immortalità dell'anima.
Dante e Virgilio camminano tra le mura della città di Dite e le arche infuocate dove il poeta ha riposto personaggi illustri del suo tempo, tra cui Farinata degli Uberti, Ghibellino appoggiato da Manfredi nella battaglia di Montaperti del 1260 contro l'esercito Guelfo fiorentino.
É risaputo che Dante fosse Guelfo di parte bianca, ovvero Guelfo ma sostenitore dell'Impero, come per esteso spiegato nel suo trattato, il "De Monarchia". Alla fine è stato una sorta di anticipatore dei Patti Lateranensi, al Papa il potere della Chiesa, all'Imperatore o re che fosse a suo tempo, il potere politico.
Dopo un po' di battibecchi politici con il Farinata, richieste e incontri vari, tra cui quello con il padre dell'amico Guido Cavalcanti, il quale fraintende le parole del poeta e ritorna a giacere sulla sua arca sconsolato, Dante ascolta la profezia di esilio che il Farinata gli esterna e sconsolato e spaventato, capisce che i peccatori di questo cerchio hanno potere di veggenza.
Questo fa parte della legge del contrappasso applicata: i peccatori in vita credevano solo al presente e non alla vita dell'aldilà. È per questo che ora la tomba in cui giacciono è infuocata, scotta appunto per far loro sentire quanto é vero che sono morti, ma ancora vivi! La veggenza di cui sono dotati é particolare, è una veggenza presbite, di chi vede solo da lontano e non può cambiare il futuro.
Voglio interpretare questo Canto anche come un ammonimento al materialismo. Al non credere in qualcosa di impalpabile, o crederci fino a lì. Il non andare mai oltre. Il non approfondire. E non parlo solo di informazione generale, ma della conoscenza di sè.
La cattiva conoscenza di se stessi e del proprio IO, dei propri sentimenti, di ciò che desideriamo, fa nascere in noi i peggiori mali. Dobbiamo trovare il tempo di stare con noi stessi, di ascoltare i segnali che il corpo ci manda.
Sì, posso risultare banale scrivendo queste parole, e credetemi non ne basterebbero fiumi, per dire tutto quello che sento e penso di questo argomento. È un labirinto interminabile, interessantissimo e in ogni parte collegato.
Sta di fatto che sono una sostenitrice del sommo poeta perchè come tutti i grandi geni era ed è tuttora non incastonabile in nessuna corrente storica.
Se pensate a lui, al poeta, cosa vi viene in mente?
Ribellione, sacralità, giustizia, viaggio, allegoria, amore, Firenze, la "c" aspirata, naso, alloro, i 2 euro. Ecco il mio flusso di coscienza.
Io credo nell'anima, e nell' "amor che move il sole e l'altre stelle".




Lisa Parise XXX

sabato 15 dicembre 2012

Una croce sopra i Nirvana

Ho visto da poco uno spezzone di 12.12.12, il concerto svoltosi a New York in ricordo delle vittime dell’uragano Sandy. Sorpresa della serata è stata l’inattesa “reunion” dei Nirvana con Paul McCartney alla voce. Ora, io sono sempre contrario a queste reunion, quando il leader di un gruppo ci lascia per miglior vita è bene che il gruppo di cui era l’anima fondante muoia con lui; i grandi gruppi fanno così, i grandi gruppi sono formati da grandi musicisti che sanno proporre qualcosa di nuovo, ripartire da 0. I Nirvana (anche se suona strano chiamarli così) e Paul McCartney quella sera hanno suonato una sola canzone, inedita tra l’altro, e che niente ha a che fare con la storia passata del gruppo; per questo io mi rifiuto di chiamarla reunion ed anche solo lontanamente pensare che una cosa simile sia realizzabile. Preferisco considerarla come una performance in ricordo dei vecchi tempi tra vecchi amici e compagni di vita.
Rivedere sullo stesso palco Dave alla batteria, Krist al basso e, perché no, Pat alla chitarra è stata comunque una cosa emozionante. E tutto questo mi ha fatto tornare alla mente quanto abbia amato (e ancora ami) questo gruppo; così mi sono divertito a buttar giù X motivi per i quali considero i Nirvana il miglior gruppo musicale di sempre.
I) Aneurysm. È la canzone perfetta, quella che più di ogni altra contraddistingue i Nirvana; c’è tutto, l’intro classica della chitarra di Kurt (come in Smells Like Teen Spirit e Rape Me), la raffinata melodia della strofa, l’incredibile energia del ritornello fino all’intermezzo musicale dove Krist e Dave si legano magnificamente. E pensare che questo capolavoro è uscito come B-side (di Smells Like Teen Spirit).
II) Pain. Le canzoni di Kurt Cobain sono lo specchio della sua anima; mai in nessun altro gruppo sono riuscito a trovare una simbiosi così perfetta tra le canzoni e il suo autore. Ascoltando le canzoni dei Nirvana è possibile ripercorrere la parabola discendente dello stato d’animo di Kurt: tra Nevermind e In Utero c’è un abisso, nel quale Kurt è caduto. Ma il dolore, quello vero, lo sentiamo nell’ultima canzone che Kurt ci ha lasciato postuma, quel “pain” gridato tra rabbia e disperazione.
III) Dave Grohl. Considerato (non solo da me) il miglior batterista di sempre, ha dato un contributo fondamentale al successo dei Nirvana. Vederlo nei live scatenato dietro alla batteria con i capelli lunghi a coprire il viso trasmette un’energia incredibile. Uno così non sarebbe rimasto a lungo dietro alla batteria, tanto che il primo album dei Foo Fighters è composto interamente da canzoni scritte da Dave durante il periodo in cui era con i Nirvana. Ed è encomiabile il fatto che con i Foo’s Dave abbia proposto qualcosa di diverso dal sound dei Nirvana, senza tra l’altro suonarne mai una canzone nemmeno nei live. Prova evidente del grande musicista che rappresenta.


IV) Smells Like Teen Spirit.La canzone simbolo dei Nirvana che li ha catapultati nel mainstream musicale. Tutti la conoscono, tutti la vogliono sentire, e per questo i Nirvana hanno cominciato ben presto ad odiarla, tanto da non proporla più nei propri live. Capitava di sentire l’intro di Kurt, l’attacco della batteria ma poi interveniva sempre Krist “Oh, we skip that one!” . In ogni caso, non è possibile negare l’assoluta perfezione di questa canzone, tanto che più di una volta mi è capitato di provare un’invidia enorme verso quei pochi (inconsapevoli) privilegiati che la sentirono per la prima volta quella sera del 17aprile 1991 all’Ok Hotel di Seattle quando i Nirvana non erano ancora nessuno.
V) Live at Reading 1992. Il miglior concerto dei Nirvana, all’apice della loro forma. Memorabile l’intro di Kurt in sedia a rotelle con tanto di camice ospedaliero e parrucca bionda presentato da Krist; ma una volta finita la gag e presa la chitarra, sono oltre 90 minuti di delirio puro, con la classica devastazione di strumenti e palco come ciliegina sulla torta. Una delle serate più indimenticabili dei Nirvana, tanto che ad agosto 2012 Dave Grohl proprio al Reading festival per la prima volta ha dedicato una sua canzone (“These Days”) ai suoi vecchi amici in ricordo di quella serata di 20 anni fa (“..I ‘d like to dedicate it to a couple of people who could have been here tonight…this song is for Krist..this song is for Kurt..”).
VI) Mtv Unplugged in New York. Non è facile per una rock band proporre le proprie canzoni in una chiave diversa, acustica, ma soprattutto non è facile farle altrettanto bene come nei classici live. L’unplugged dei Nirvana ad Mtv è qualcosa di unico, dove il gruppo veste il suo abito più dolce contro ogni aspettativa. Considerata da Kurt una delle serate più belle della sua vita.
VII) Sappy. Una delle canzoni più amate da Kurt, che inspiegabilmente non è mai stata pubblicata in nessun album ufficiale dei Nirvana fino all’uscita del cofanetto With the Lights Out del 2004. È una delle canzoni sulle quali Kurt ha lavorato di più, scritta originariamente nel 1987 e modificata ripetutamente (anche nel titolo, da Sad a Verse Chorus Verse che poi sarà il titolo di un altro brano, a Sappy nel 1993) e che compare misteriosamente come traccia nascosta nella raccolta di beneficenza “No Alternative” del 1993. Insieme alla sopracitata Aneurysm è una delle canzoni più belle dei Nirvana. Da ascoltare la prima versione struggente intitolata all’epoca Sad.
VIII) Krist Novoselic. Di primo acchito può sembrare il meno importante del gruppo, oscurato dalla presenza di due mostri sacri come Grohl e Cobain, ma i Nirvana senza Krist non sarebbero comunque i Nirvana. Grande intrattenitore del pubblico nei live e nelle interviste, insieme a Dave rappresentava forse la parte “allegra” dei Nirvana come giusto contrappeso alla malinconia di Kurt.
IX) Kurt e Courtney. Redivivi Sid e Nancy, Kurt e Courtney sono stati una coppia che ha fatto molto parlar di sé. Coppia male assortita forse, di certo la loro relazione non ha fatto che peggiorare la situazione di Kurt tanto che molte malelingue la indicano come la causa principale del suo suicidio (per non parlare delle infinite dispute legali con gli ex Nirvana sui diritti degli inediti del gruppo). Non si può però negare che dal punto di vista artistico siano la migliore coppia della musica rock, e mi capita ancora di sognare un loro concerto insieme.
X)…propongo ad ogni fan dei Nirvana di scrivere il punto X…


M.F.

I X motivi che rendono Picasso l’artista d’avanguardia per eccellenza

Lo scorso 17 ottobre sono stato colpito da un articolo di giornale titolato “Il più grande furto d’arte della storia”. Tra i vari dipinti sottratti al museo Kunsthal di Rotterdam c’è pure la famigerata «Testa di Arlecchino» di Picasso datata 1971. Un furto del valore complessivo di oltre 200 milioni di euro.
Mi sono chiesto: “Cosa rende grande un artista? Cosa lo rende immortale? (…e valutato milioni di euro?). Perché Picasso è etichettato (se lo si può etichettare) l’artista d’avanguardia per eccellenza?

I."Guernica", tela che riporta l’orrore del bombardamento nazista della cittadina basca di Guernica, è senza dubbio uno dei capolavori dell’artista. Con semplici deformazioni, sovrapposizioni di corpi mutilati, animali scomposti, l’artista riesce a fare una tragica denuncia della guerra che viene a colpire la popolazione inerme. L’ambasciatore tedesco, a Parigi, domandò a Picasso vedendo il quadro: "Avete fatto voi questo orrore, maestro?" e lui rispose: "No, è opera vostra."



II.Conosciuto come dongiovanni tra gli artisti dell’epoca, nel 1944, Picasso divenne il compagno di una giovane studentessa d'arte, Françoise Gilot. Fu lei, unica tra le tante, a lasciare l'artista, dopo l’ennesima infedeltà da parte dell’amante. Dopo l'abbandono da parte di Françoise, Picasso passò un periodo nero; molti dei disegni a china di quella stagione riprendono il tema di un nano vecchio e brutto. Picasso riesce a mettersi a nudo, a mostrarci il suo conflitto interiore, a far trasparire la sofferenza che lo lacera per la mancanza d’amore.

III.Picasso, artista eclettico a tutto tondo, collabora anche alla realizzazione del film documentario
"Il misteroPicasso" del 1956 di Henri-Georges Clouzot, premiato a Cannes con il premio speciale della giuria.


IV.Secondo il neuroscienziato olandese Michel Ferrari, l’emicrania avrebbe creato in Picasso la visione che ha portato l’artista alla creazione dei primi quadri cubisti: volti tagliati in verticale ed evidenti sproporzioni sono infatti il frutto delle visioni "stroncate" dei malati di aura visiva, una patologia di cui Picasso probabilmente soffriva, come anche De Chirico.

V.
Les demoiselles d'Avignon (1907) è forse la tela che più rappresenta l’approdo, l’arrivo (o il punto di partenza) dell’artista all’arte contemporanea. Picasso abolisce lo spazio attraverso l'eliminazione di qualsiasi prospettiva o profondità: entra dunque in gioco una nuova dimensione non visiva, ma mentale. Ci si rende conto di come l’artista sia arrivato alla simultaneità delle immagini, l’immediata presenza di più punti di vista. Il quadro inaugurerà la stagione cubista di Picasso.

VI.Nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, in Picasso c’è un ritorno all’ordine, di fortissimo richiamo alle opere del Rinascimento italiano, l’artista in questo periodo produce numerosi lavori in
stile neoclassico. Questo a sottolineare ulteriormente quanto universale sia la pittura e il talento del grande maestro.

VII.All’inizio degli anni ’60 gli venne commissionato un progetto per una scultura di oltre quindici metri da installare a Chicago. Accolse l'invito con entusiasmo realizzando un’opera,
Il Picasso di Chicago, dall'aspetto ambiguo e controverso. Fu inaugurata nel 1967 e, al momento del pagamento, Picasso rifiutò i 100.000 dollari, donando il pezzo alla città.




VIII.I lavori che lo portano alla vecchiaia sono una miscela di stili variegati. L’artista dedica anima e corpo alla pittura, diviene ancora più sperimentatore e coraggioso, colorato ed espressivo, producendo dal 1968 al 1971 tantissimi dipinti e centinaia di acqueforti. Lasciati inediti e aspramente giudicati dalla critica, dopo la morte dell’artista, sono stati riscoperti come vere e proprie opere neoclassiche in anticipo sui tempi.

IX.Il matrimonio con con Ol'ga Chochlova entra in crisi nel finire degli anni ’20 dopo che l’artista perde la testa per una diciassettenne, Marie Thérèse Walter (lui aveva quarantacinque anni). Queste costanti crisi sentimentali creano in lui un breve distacco dalla pittura, che però lo fanno approdare alla poesia. «Morirò senza avere mai amato».

X.L’icona dell’avanguardia, «l’unico uomo dopo Shakespeare che ha espresso il mondo e se stesso in modo totale» (secondo Italo Calvino) è stato tra gli artisti più prolifici di tutti i tempi: 1.885 dipinti, 7.089 disegni, 2.800 ceramiche, 1.228 sculture, 10.000 tra incisioni e litografie. Senza dimenticare le opere ancora non schedate (lo scorso anno si sono ritrovati 270 disegni nel baule di un elettricista).



A.L.

S(CULTURA)

I “La scultura è (nel senso moderno del termine) l'arte di dare forma ad un oggetto partendo da un materiale grezzo o assemblando diversi materiali.”

II “È possibile modellare un oggetto per addizione o sottrazione, a seconda del materiale. Materiali come il legno permettono di scolpire intagliando o scolpendo la materia stessa. Altri materiali, invece, consentono di modellare per addizione aggiungendo man mano materia alla materia.”

III Mi è stato spiegato che lavorare l’argilla è facile perchè è un materiale, per l’appunto, che presuppone il togliere piuttosto che l’aggiungere: “quando è marmo, una volta che è tolto, è tolto”, dice il mio maestro. Quindi io, che sono una principiante, che non ho idea di cosa siano le proporzioni, che non sono mai stata in grado di disegnare nemmeno una faccia, ho scelto di seguire un corso di scultura di argilla.



IV La prima lezione facciamo il vaso, ma non usiamo il tornio elettrico, si fa tutto a mano “per prendere confidenza con la materia”. Prima regola: fare dei salsicciotti secondo lo stesso pricipio seguito dalle nonne nel momento in cui preparano gli gnocchi. Unirli uno sopra l’altro spingendo contemporaneamente il pollice interno al vaso verso il basso e l’indice esterno verso l’alto, eseguire il movimento lungo tutta la superficie del salsicciotto evitando di premere troppo altrimenti si rischia che a metà opera “il vaso crolli”. Io premo troppo, vuol dire che son nervosa (dice il mio maestro), e il vaso mi crolla: “in questi casi non bisogna perdere la pazienza, passami i ferri, l’acqua e l’argilla che sistemiamo tutto”. Il mio maestro mi sistema il vaso. Ora sta in piedi e sembra un vaso. Ci metto la firma prima che si secchi tutto.

V Passano le settimane e noi allievi un po’ ‘miglioriamo’. È ora di fare un nudo di donna, o di uomo; a seconda di cosa ci riesce meglio. A me basta che sembri un essere umano, non mi importa cosa, o chi. “Stai togliendo troppo! ...Togli troppo! Così le mancano le proporzioni! Ma non ha i fianchi! E poi le maniglie dell’amore dove le lasci? Passami l’argilla questa donna troppo magra, fa schifo.” Dunque citerei Caparezza: Chi manomette le tette della scultura | ne ignora l'amore e la cura.

VI Facciamo la mano: si prende un cubo di argilla, lo si sbatte di qua e di là fino a dargli una forma rettangolare e si tagliano le dita, che devono essere cinque, anche se il pollice non conta molto perchè è più esterno rispetto alle altre quattro. Si fanno le falangi e, per ultime, le unghie perchè sono le più difficili; bisogna darci dei colpetti sicuri a destra e a sinistra stando attenti a non farle sembrare scavate nella carne. Io levo troppo, mi cade il mignolo, è tutto troppo magro e sproporzionato, stavolta non sono soddisfatta, invece il mio maestro si lascia andare e dice: “ma guarda che bella! sembra la tua mano!”

VII Un inconveniente: seguendo un corso di scultura si impara più o meno a riconoscere le proporzioni che ci devono essere tra le varie parti del corpo umano quindi, ad esempio, tra testa e spalla, tra naso e fronte, tra polpaccio e coscia. Mi rendo conto, probabilmente sempre in ritardo rispetto a figuraccia occorsa, che spesso mi trovo (anche per riuscire a memorizzarle) a fissare determinate persone e a contare se il loro occhio ci sta esattamente una volta nello spazio occupato dal naso, o a cercare di capire da dove parte il lobo dell’orecchio rispetto alla punta del naso, suscitando così alcune fastidiose smorfie di disapprovazione in chi subisce il mio scrutare.

VIII Un corso di scultura permette anche di scoprire quegli eventi mondani ed artistici che altrimenti ci resterebbero estranei. È questo il caso del Festival internazionale delle sculture di neve che si terrà dal 9 all’ 11 gennaio a San Candido, in provincia di Bolzano. ‘‘Le sculture in ghiaccio’’ dice il volantino informativo, “rimarranno al loro posto fino a quando, con l’approssimarsi della primavera, non si scioglieranno”. Oppure, anche se questo io già lo sapevo, che esiste il campionato mondiale di sculture su sabbia a Cervia, in provincia di Ravenna, che lì le opere raggiungono anche gli 8 metri di altezza, che devono essere costruite in 3 giorni e che dovranno rispettare dei “canoni internazionali secondo i quali la sabbia deve essere impastata solo con acqua e non può avere al suo interno nessun supporto rigido”.



IX E poi.. “C’è chi si accontenta, come me, di fare gli ombrellini di buccia d’arancia sostenuti da stuzzicadenti e chi invece, come Dan Cretu, si sbizzarrisce in sculture di elevata complessità.
Aiutato dalla brillantezza e lucentezza dei colori della frutta e della verdura, questo visual artist riesce a generare delle sculture davvero singolari, riproducendo oggetti del vivere quotidiano come macchine fotografiche, biciclette, scarpe da tennis.” (
BarbaraPicci)


X Scolpire permette veramente di creare con il più diverso materiale qualcuno o qualcosa che sia come più o meno lo vogliamo noi e nient’altro. E se alla fine proprio non ci piace, basta poco e si può ritentare.




S.T.

Le X scene più belle del cinema del XX° secolo


Premessa: come tutte le classifiche, anche questa è personale e provvisoria. Non nego che vista la vastità delle possibili scelte io stesso potrei riscriverla X volte in modo diverso.

# 10 – Un giorno di ordinaria follia (J.Schumacher, 1993). Il giorno di ordinaria follia per Bill (Michael Douglas) inizia in un afoso tardo pomeriggio estivo imbottigliato in mezzo al traffico. Il caldo è insopportabile, la coda infinita non va avanti, tutti continuano a suonare il clacson e ad urlare, le mosche non danno tregua…c’è solo una cosa da fare: lasciare lì la macchina e andare a casa a piedi! “Ehi, dove crede di andare lei?” “Vado a casa!”.



# 9 – Il pianeta delle scimmie (J.F.Schaffner, 1968). La prima volta che vidi il finale di questo film restai di stucco. Sarà che quando guardo un film non mi chiedo mai cosa potrà succedere, ma ingenuamente non mi era nemmeno passato per la testa che fosse successo veramente. Straordinaria l’ultima inquadratura che allarga lo zoom fino a svelare il mistero della disperazione dell’uomo.

# 8 – Salvate il soldato Ryan (S.Spielberg, 1998). La scena dello sbarco in Normandia è forse la più cruda e veritiera scena di guerra mai realizzata, che non può non scuotere lo spettatore; dall’apertura dei portelloni dell’imbarcazione alla pioggia di proiettili è un crescendo di violenza, dolore, morte fino alle inquadrature di corpi martoriati e dell’acqua del mare impregnata di sangue. Qui non parlo di una scena bella dal punto di vista estetico, anzi, ma bella in quanto capace come nessun’altra scena di far odiare la guerra. 

# 7 - Il buono, il brutto, il cattivo (S.Leone, 1966). Il triello finale è una scena (giustamente) entrata nella leggenda del cinema. Tre uomini in un cimitero arido e desolato alla ricerca di una tomba piena d’oro. Il nome della tomba scritto su una pietra, intorno alla pietra i tre uomini con la mano pronta sulla fondina: chi uccidere per primo? La tensione, le musiche epiche di Ennio Morricone, i primi piani, lo sguardo affannato di Tuco (Eli Wallach), preoccupato di Sentenza (Lee Van Cleef), tranquillo del “biondo” (Clint Eastwood) rendono questa scena memorabile

# 6 - Apocalypse now (F.F.Coppola, 1979). La chiamano “psicoguerra”. Proviamo per un attimo a metterci nei panni dei vietnamiti: in lontananza sentiamo le note della Cavalcata delle Valchirie di Wagner, guardiamo all’orizzonte e tra la luce del sole al tramonto scorgiamo uno stormo di “uccelli” avvicinarsi, e più si avvicina più la musica si fa forte e aumenta di intensità; fino a che lo stormo comincia a lanciare i suoi missili, ed è la fine per noi, sempre sotto le note di Wagner

#5 - Il cacciatore (M.Cimino, 1978). Una rivoltella puntata alla testa, una sola pallottola inserita, cinque possibilità su sei di sopravvivere. È il terribile “gioco” della roulette russa, che Mike (Robert De Niro) e i suoi amici, prigionieri dei Vietcong, sono costretti a fare se non vogliono essere dati in pasto ai topi. Ma Mike ha una forza d’animo incredibile, e pur di risollevare i suoi amici è disposto ad inserire tre pallottole come affronto ai Vietcong. Nessuno uscirà più come prima da quella prigionia.

# 4 - Pulp fiction (Q.Tarantino, 1994). Il periodo pulp di Tarantino (Le Iene e Pulp Fiction) si può racchiudere nella scena di quest’ultimo a casa di Brett, dove Jules (Samuel L. Jackson) e Vincent (John Travolta), i sicari di Marsellus Wallace, interrompono la colazione del giovane ragazzo a base di hamburger (“La colonna portante di ogni colazione vitaminica!”), per fare i conti con lui. La scena anche se vista e rivista mille volte non può non lasciare ipnotizzati per i dialoghi taglienti ed esilaranti (anche grazie al grande doppiaggio italiano di Luca Ward) con cui Jules inveisce contro Brett, su tutti il farfugliamento di “cosa?..cosa?” e il leggendario (finto) passo della Bibbia (“Ezechiele, 25-17”) con il quale lo scagnozzo è solito dare l’estrema unzione alle sue vittime

#3 - Rocky II (S.Stallone, 1979). La consueta corsa di allenamento che si ripropone in tutti i Rocky, nel secondo capitolo della saga è forse più carica di significato; inseguito prima da un gruppetto di ragazzini, poi da una città intera, Rocky trascina dietro di sé la gente diventando il simbolo del riscatto sociale e del “tutti possono farcela”. Tanto che ancora oggi i turisti di Philadelphia non possono resistere dal fare di corsa le famose scale e, una volta giunti in cima con il fiatone, alzare i pugni in aria gridando “ce l’ho fatta!”. 

#2 - Il padrino (F.F.Coppola, 1972). Scena finale. Kay Adams (Diane Keaton) versa qualcosa da bere; suo marito le ha permesso per la prima e ultima volta di chiedergli chiarimenti sui suoi affari. Michael (Al Pacino) le ha confessato che non è vero  quello che si sente in giro, non è lui il mandante degli assassini che hanno fatto fuori quasi tutti i boss della malavita newyorkese. Ma dietro a Kay, attraverso la porta rimasta aperta, si intravedono i fedeli compagni di Michael baciargli la mano; è il nuovo don Corleone, degno erede di suo padre. La porta si chiude, così come il cuore di Kay.



#1 - Barry Lyndon (S.Kubrick, 1975). Il duello più bello della storia del cinema. Lentissima la scena, ma forse proprio per questo carica di pathos, di tensione, di angoscia, sottolineata dall’espressione del viso di Lord Bullington (Leon Vitali, incredibile come un attore in grado di esprimere una tale emozione sia apparso in soli tre film) deciso più che mai a far pagare caro al patrigno Barry Lyndon (Ryan O’Neal) l’affronto subito. Impossibile creare una scena più densa di emozioni.


Altre scene meritevoli di entrare nella classifica: Qualcuno volò sul nido del cuculo (M.Forman, 1975 – Partita a blackjack); Full metal jacket (S.Kubrick, 1987 – Discorso iniziale del sergente Hartman); Shining (S.Kubrick, 1980 – Scena in cui Jack sfonda la porta); Seven (D.Fincher, 1995 – Scena finale); Thelma & Louise (R.Scott, 1991 – Scena finale); A qualcuno piace caldo (B.Wilder, 1959 – Scena in cui Marilyn prende il treno); C’era una volta in America (S.Leone, 1984 – Scena in cui Dominick mangia il bignè sulle scale); Platoon (O.Stone, 1986 – Morte di Elias); Arancia meccanica (S.Kubrick, 1971 – La cura Ludovico);………….


M.F.

X cose da fare prima e durante e dopo la scelta di un libro


1.Un libro si può scegliere in ogni luogo (che abbia una libreria) e spazio temporale (tempo permettendo): aggirati spesso e volentieri alla ricerca di librerie se vai in una nuova città, cerca di conoscere perfettamente quelle presenti nella tua terra natìa;

2.Ricorda che non basta conoscere una sola libreria, ma devi saperti muovere agevolmente (anche ad occhi chiusi o bendato o cieco –come preferisci-) tra le diverse  del tuo paesino/ paese/ città/ metropoli;

3.Questo non significa che non puoi avere la TUA libreria preferita, anzi sarà più che naturale che prima o poi tu faccia una scelta: ma facendola non dimenticare che intanto stai escludendo qualcos’altro; fatti vedere spesso, fatti riconoscere, non aver paura di chiedere qualche consiglio (mal che vada se ti danno libri del picchio le prossime volte fai per conto tuo, se quello che ti hanno venduto fa proprio schifo portalo indietro minacciando i commessi di diffondere un’ epidemia di tablets);

4. Ora che il posto c’è, manca la materia prima: il libro. Non fermarti  a generi o a case editrici che conosci già, ma spazia, prova, assaggia, anche a costo di sbagliare;

5.Quando hai raccolto dalla polvere dello scaffale un libro, concentrati sull’autore: l’hai già sentito? È un autore famoso morto da secoli, uno di quelli pallosissimi che ti fanno studiare a scuola oppure è un novellino sbarbatello alle prime armi? È uno scrittore che pubblica molto oppure che è uscito con un unico romanzo e poi stop? Qualcosa da sapere di curioso c’è di sicuro: prenditi ancora qualche momento per capire con chi stai per avere a che fare; 

6.È giunta l’ora del titolo: quanti pensieri stanno dietro la decisione del titolo da mettere e della copertina, non a caso menti retoricamente e raffinatamente affinate ci hanno lavorato per mesi, quindi il titolo parla sì, ci dice molto, e molto o forse tutto ha a che fare con la tua scelta finale;

7.Ebbene è giunto il momento di passare all’ azione: il chi e il cosa hanno ora un nome, anche se ancora un po’ fluttuante, ora c’è bisogno di far dire qualche parola al tuo libro prescelto: aprilo delicatamente e accarezzalo dolcemente per non spaventarlo (si sa a nessuno piacciono i tipi bruschi e violenti che pretendono di farti parlare quando non ne hai voglia).  Spegni il cellulare, tappati le orecchie, azzittisci figlio, cane, partner, varie ed eventuali: inizia a leggere;

8.Attenzione: non è detto che da questa esperienza tu possa uscire assolutamente incolume. E se il libro è sconvolgentemente bello che non riesci più a staccare gli occhi dalla storia e a tornare dal tuo cellulare, figlio, cane, partner?

9.Corri il rischio: inizia a leggere la pima pagina. Qualcosa, che tu voglia o no, ne uscirà. Potresti sentirti incredibilmente annoiato, provocato, indignato, esasperato, indifferente, punto sul vivo ma anche cambiato e migliorato. Sentirai subito che qualcosa si muove, che le idee si mettono in moto, o la tua fantasia inizia a lavorare.

10.Non sprecare il momento: prendi il libro e leggi leggi leggi. Leggi in ogni momento in cui puoi farlo, leggi in treno, leggi prima di andare al lavoro, leggi mentre aspetti che la pasta sia cotta, leggi per fare una pausa studio, leggi prima di addormentarti. Ma ricorda: leggi quello che ti fa pensare, riflettere o fantasticare,  così avrai l’opportunità di vivere le infinite mille vite nascoste dietro la tua. 


G.D.C.