cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

sabato 27 luglio 2013

I vetri di Murakami

Norwegian Wood, la canzone dei Beatles, è la preferita da Naoko e il titolo del “romanzo d’amore non troppo sentimentale della lunghezza di circa trecentocinquanta pagine” scritto da Haruki Murakami e pubblicato nel 1987 (nel 1993 in Italia). Ho scelto di scrivere su Norwegian Wood, abbandonando il buon proposito di dedicarmi a Tennessee Williams (che pure è citato nel romanzo...) e alla sua opera teatrale Lo zoo di vetro, semplicemente perché è riuscito a “prendermi”, a tenermi sveglia e farsi leggere con grande rapidità. Questo è uno di quei pochi romanzi che si lascia divorare e che divora il lettore fino all’ultima facciata, che lo porta a parlarne in continuazione, a cercare un angolo nascosto in cui sedersi, al riparo da tutti, per leggereleggereleggere; è uno di quei libri che fa venire voglia di pistacchi quando i suoi personaggi mangiano pistacchi, di alcool quando si ubriacano, di sigarette quando fumano; è uno di quei libri che fa pensare e che si consiglia, perché è triste, perché fa ridere, perché è un libro di morti, ma anche di amori e amicizie. 



Non sarà mia intenzione svelare toppo la trama di questo romanzo, per evitare di togliere la sorpresa e la brama di lettura che derivano dal mangiarne una pagina dopo l’altra. Norwegian Wood è un lungo flashback narrato in prima persona dal protagonista trentasettenne Watanabe, un lungo flashback che torna indietro di diciotto anni per raccontare quel periodo della sua la storia che ne segnò l’esistenza: “Pensavo solo a me stesso, alla ragazza così bella che camminava al mio fianco, alla nostra storia, e poi ancora a me. Era un’età in cui qualunque cosa potessi vedere, sentire, pensare, mi tornava sempre nelle mani come un boomerang. Per giunta ero innamorato, e quell’amore mi aveva portato in una situazione terribilmente complicata.” In breve questo è ciò che racconta Norwegian Wood, ma ciò che lo rende ancora più speciale, al di là della storia in sé, sono i suoi personaggi; tutto il libro si popola di personaggi meravigliosamente caratterizzati: dalla dolce Reiko, la controllatrice e mancata concertista, al gentiluomo Nagasawa “la persona più strana che abbia mai incontrato nella mia vita”; da Kizuki, l’amico perso, il motore di tutto, al malinconico e solo protagonista Watanabe, diviso nell’affetto per due ragazze, ma sempre innamorato; da Naoko, fragile e triste, ossessionata dai ricordi e dalla paura di essere dimenticata, a Midori, divertente e pazza. Midori, la mia preferita, Midori che -ubriaca- si addormenta sul water e che tutte le volte, dopo aver bevuto un bicchiere di troppo, vuole arrampicarsi su un albero. Midori che scherza sulla storia di un ipotetico padre fuggito in Uruguay, che cerca nell’ amore qualcosa di assolutamente perfetto, qualcosa che per una volta le “permetta di fare i capricci”. Midori un po’ pervertita che vuole andare a vedere un film porno e che fa sempre domande troppo imbarazzanti a Watanabe; Midori che -ad un certo punto della sua vita- decide di ignorare ciò che non capisce, come seno e coseno, o come le teorie di Marx; in realtà, Midori, l’unica vera testa pensante, colei che viene trattata come un’idiota per le sue domande e colei che di conseguenza diviene sarcastica, che sembra guardare dall’alto i suoi coetanei, “una massa di mistificatori” che “si compiacciono di usare paroloni difficili a effetto per suscitare l’ammirazione delle ragazze appena entrate all’università, e in realtà pensano solo a infilare le mani sotto alle gonne”. Tutti questi personaggi, e tutti gli altri che riempiono i fogli di Norwegian Wood, sono come il vetro. Possono essere spessi o sottili, ma sono fragili: alcuni più, altri meno; talvolta si rompono, talvolta resistono, ma sono sempre estremamente trasparenti nell’immagine che riflettono di sé: “Noi siamo tutti esseri imperfetti che vivono in un mondo imperfetto. Non viviamo misurando le distanze con la riga, gli angoli col goniometro e controllando entrate e uscite come sul conto in banca. O no?” 




 S.T. 



Da leggere: “Norwegian Wood” Haruki Murakami 
Da vedere: “Norwegian Wood”, 2010, diretto da Tran Anh Hung 
Da ascoltare: “Norwegian wood”, dall’ album “Rubber Soul”, 1965

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