cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

sabato 27 luglio 2013

Il tradimento del vetro

“Siamo rattristati dalla cultura del mattone; il vetro porta con sé una nuova epoca; la luce vuole il cristallo; il vetro colorato elimina l’odio; senza un palazzo di vetro la vita diventa un peso.”
(Paul Scheerbart)




Sono passati cento anni da questa frase e possiamo dire che il vetro si è certamente affermato come uno dei protagonisti, se non il protagonista indiscusso, dei processi di trasformazione che hanno cambiato il volto di molte città contemporanee. Un materiale ormai imposto nel linguaggio architettonico contemporaneo. Ma sono forse per questo le nostre città migliori di quanto non lo fossero in passato?
Certamente negli ultimi anni che hanno visto l’impiego del vetro in architettura, raramente si è manifestato un vero rinnovamento e un’affermazione dei valori collettivi e democratici, che connotava il programma culturale delle avanguardie d’inizio novecento.
Nonostante questo, nelle più recenti realizzazioni, sia a livello urbano che privato, il vetro è stato ’attore principale di una rappresentazione nella quale l’esibizionismo tecnico ha con arroganza superato la funzione sociale dell’architettura.

 

Ma non è solo un fatto di aggressività: oggi le tecnologie degli involucri vetrati presentano livelli prestazionali di tutto rispetto e sempre maggiore è la capacità di adattamento della tecnica alle esigenze contestuali. Pertanto il rischio di un’omologazione non è da attribuire certamente all’industria.
La vera causa dell’insoddisfazione nei confronti di molte architetture di vetro contemporanee devono essere piuttosto ricercate nel sempre più profondo divario tra forma e funzione, e dall’irresponsabile indifferenza dei progettisti nei confronti del luogo, giustificata da un bisogno di efficienza energetica, con scelte che non hanno nulla a che vedere con
quest’ultima.
Il vetro dunque ha tradito l’architettura due volte: la prima è nei confronti delle città (vedi “The Shard”, l’ultimo grattacielo di Renzo Piano a Londra). In queste architetture è difficile riconoscere la trasparenza, il rigore, la sobrietà nei confronti del contesto che dal vetro ci si sarebbe aspettato.
Il secondo tradimento del vetro è quello che la sua architettura esprime: un’autocelebrazione camuffata in progettualità (vedi Fuksaas, dove i poveri dipendenti della Nardini dentro le sue “bolle” di vetro si cucinano in piena estate!). Una filosofia troppo lontana da quell’impegno civile che caratterizzava il pensiero delle avanguardie del Novecento, che nel vetro avevano riconosciuto una grande opportunità.


M.B.

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